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Chiesa

Maria Ss. dell’Elemosina, il sindaco fa rispettare il “giro dei santi”

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Nella prima versione del programma ufficiale, diffusa il 18 settembre tramite wathsapp e su facebook, il tradizionale “giro dei Santi” per la processione dell’icona della Madonna dell’Elemosina era stato cancellato. Con un colpo di penna, tagliato il percorso “storico” che prevede piazza Collegiata, piazza Roma, via Vittorio Emanuele, via Inessa, via Imperia, via Scutari, piazza Cavour e di nuovo via Vittorio Emanuele fino in basilica.

È dovuto intervenire il sindaco Antonio Bonanno nei confronti del prevosto, padre Pino Salerno, dopo la sollecitazione di Biancavilla Oggi (a cui si erano rivolti diversi lettori per chiedere spiegazioni), perché venisse seguito il consueto itinerario della processione al seguito del dipinto sacro.

E così è stato. Per questo 4 ottobre, giornata dedicata a Maria Santissima dell’Elemosina, la processione serale si è svolta quasi secondo programma (a parte il mancato funzionamento dell’illuminazione artistica a causa di un corto circuito).

Sentitissima, a Biancavilla, la devozione per la Madonna dell’Elemosina, la cui processione, superato il palazzo comunale dove è avvenuto l’omaggio “istituzionale”, ha imboccato via Giulio Verne per raggiungere il convento San Francesco, mettendo a dura prova il lavoro dei vigili urbani in un punto nevralgico per la viabilità cittadina. Qui la fraternità si è raccolta in preghiera, peraltro nel giorno liturgico dedicato al patrono d’Italia. Poi, la processione, come concordato con la polizia municipale, avrebbe dovuto ridiscendere da via Verne, ma –approfittando dell’istituzione occasionale dell’isola pedonale in viale dei Fiori– ha proseguito verso piazza Sgriccio (tra nubi di fumo delle caldarroste) e quindi in direzione via Inessa per il consueto percorso, in un clima più intimo.

Alcune settimane fa, appena pubblicato il programma (poi accuratamente corretto), in tanti avevano scritto alla nostra redazione, mostrando perplessità per la cancellazione del giro nel centro storico e chiedendo chi avesse preso una tale decisione. Osservazioni che, ipotizzando noi ragioni di polizia municipale, avevamo inoltrato al primo cittadino, il quale si era premurato a parlare con il prevosto, sollecitando il rispetto del tradizionale percosso. Sollecito subito recepito senza polemica o discussioni. Peccato che, però, questo “correttivo” di due settimane fa non sia stato comunicato al comando della polizia municipale, creando qualche difficoltà dell’ultimo minuto ai vigili urbani.

L’episodio ripropone, ancora una volta, la questione (irrisolta) sulle decisioni che riguardano le festività patronali in tutti i suoi aspetti. In mancanza di un coordinamento effettivo, composto da istituzione comunale, autorità ecclesiastiche e realtà associative, chi prende le decisioni sulle “fondamenta” di manifestazioni identitarie come le festività patronali (stesso discorso potrebbe ripetersi per le processioni della Settimana santa)? Può essere mai un ristrettissimo numero di soggetti, secondo proprie, personalissime sensibilità?

Sembra superfluo (o forse no) ricordare che le festività patronali rappresentino non semplicemente manifestazioni religiose, ma un articolato patrimonio storico di cultura popolare e di identità cittadina, grazie al quale Biancavilla, almeno una volta all’anno, si riscopre comunità. Un patrimonio, ovviamente, che non appartiene alla sola Chiesa cattolica ma all’intera città. Ecco perché ogni decisione di modifica di secolari tradizioni va discussa, concordata ed attuata con il più ampio consenso e con criteri motivati. Al contrario, la smania di aggiungere elementi e di presentare novità ogni anno rischia di inquinare la bellezza e l’autenticità di quel rapporto intimo che lega i biancavillesi alle loro tradizioni civiche e religiose.

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Chiesa

Tre giorni di celebrazioni con la Madonna della Medaglia miracolosa

La statua sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata: tappa del pellegrinaggio nazionale

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Dopo la pausa estiva riprende nell’arcidiocesi di Catania il pellegrinaggio nazionale della statua della Madonna della Medaglia Miracolosa, promosso dai Missionari Vincenziani d’Italia. Dal 23 al 26 ottobre la sacra effigie sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata di Biancavilla per la tappa etnea della “Tre giorni con Maria”. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2020 con la benedizione di papa Francesco e che accompagnerà le diocesi italiane fino al bicentenario delle apparizioni a Santa Caterina Labouré, nel 2030.

La statua arriverà al Belvedere giovedì 23 ottobre, alle ore 18. Venerdì 24 ottobre, in mattinata, visita delle scuole cittadine. Pomeriggio, catechesi, preghiera e animazione per i bambini e ragazzi dell’oratorio parrocchiale guidato dai padri missionari e dalle suore.

Sabato 25 ottobre, visita alla caserma dei carabinieri e alla scuola cattolica “Immacolata alla Badia”. A seguire, incontro con l’amministrazione comunale, il Consiglio Comunale e la Polizia locale. Nel pomeriggio, Rosario animato dal Cgs Life con la partecipazione delle realtà giovanili cittadine.

Domenica 26 ottobre, in mattinata benedizione dei bambini, delle donne in gravidanza e delle neo mamme e consegna della medaglia “miracolosa”. A mezzogiorno, la statua della Madonna sarà trasferita a Villa delle Favare per la “Festa del Ciao”. Pomeriggio processione della statua della Madonna per via Vittorio Emanuele fino in basilica.

«È un’occasione di grazia e di ascolto, soprattutto per chi vive momenti di difficoltà», afferma padre Mario Sirica CM, responsabile del pellegrinaggio. Il parroco don Giosuè Messina sottolinea il legame tra la visita mariana e il cammino dell’Anno Santo parrocchiale: «Chiediamo a Maria di guidarci a Cristo e alla sua misericordia».

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Chiesa

Quella volta che Padre Pio urlò alla suora: «Vigliacca! Torna a Biancavilla!»

Il monastero di Santa Chiara compie 90 anni: un episodio lega la sua fondazione al frate di Pietrelcina

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Biancavilla e padre Pio: sì, proprio il frate di Pietrelcina. C’è un episodio che lega lui e la nostra città, più precisamente il monastero di Santa Chiara. E lo raccontiamo su Biancavilla Oggi, adesso che l’importante struttura religiosa compie 90 anni dalla sua fondazione.

È dal 1935, infatti, che Biancavilla custodisce un’anima viva, silenziosa e operosa: quella delle Clarisse. Nascoste dietro le grate della clausura, le “Sorelle Povere” di Santa Chiara continuano ad essere un faro spirituale e umano per l’intera comunità. Abbiamo incontrato la madre badessa, suor Aurora, e suor Cristiana, badessa emerita. Le loro parole raccontano non solo una storia di fede, ma una presenza sociale profondamente radicata nel territorio.

Una chiamata e una sfida

Era il 1935 quando quattro Clarisse del Monastero di San Quirico ad Assisi risposero all’appello di Mons. Gaetano Messina, biancavillese e futuro prevosto della Chiesa Madre, che le invitò a fondare una comunità nel piccolo paese etneo. Nessuna di loro conosceva il luogo, ma tutte partirono con coraggio.

I primi tempi furono tutt’altro che semplici. L’accoglienza iniziale, calorosa ma effimera, si spense presto: i pochi beni donati — quattro tavole con un saccone di crine usato come letto, due cuscini, quattro sedie e un vecchio tavolo con un lume a petrolio — furono ritirati il giorno seguente. Le sorelle rimasero con poco o nulla.

In preda allo sconforto, la fondatrice Chiara Fortunata si mise in viaggio verso Assisi, decisa ad abbandonare tutto. Ma un incontro inatteso cambiò il corso degli eventi. Durante una sosta, volle confessarsi con Padre Pio da Pietrelcina. Il frate, appena la intravide, uscì dal confessionale e le gridò: “Vigliacca! Torna a Biancavilla!”

Quelle parole furono una scossa spirituale potente. Da quel momento, un nuovo inizio. «Dio richiede solo la fede: al resto pensa Lui», ricordano oggi le sorelle, citando la frase che, da allora, guida la loro comunità.

Una presenza che attraversa il tempo

Negli anni Quaranta, i venti di guerra portarono con sé povertà e difficoltà. Eppure, la comunità visse una stagione di floridezza, grazie al numero crescente di vocazioni, che in pochi anni arrivarono a quaranta. In quel periodo, molti bussavano alla porta del monastero in cerca di aiuto: e nessuno restava fuori. La Provvidenza — raccontano — non ha mai fatto mancare il necessario, né alle monache, né a chi cercava conforto.

Terminata la guerra, cominciò la ricostruzione. Non solo di muri, ma soprattutto di anime ferite. Le sorelle si fecero vicine alle famiglie, alle madri, ai figli, offrendo sostegno morale e aiuto concreto.

Il lavoro non mancava: le Clarisse si specializzarono nel cucito e nel ricamo — racconta suor Cristiana — confezionando paramenti sacri e indumenti liturgici, che permisero loro di mantenersi.

Nel 1970, padre Gabriele Maria Allegra — oggi Beato — visitò il monastero, e nel 1973 vi tornò per una toccante conferenza sulla Sacra Scrittura. In segno di gratitudine, lasciò il suo cingolo, oggi custodito come una preziosa reliquia.

Oggi: clausura aperta alla comunità

Il Monastero di via San Placido, oggi, è molto più di un luogo di preghiera. È un centro spirituale aperto alla comunità, soprattutto in occasioni significative: ritiri, celebrazioni, esercizi spirituali per giovani, incontri tematici. Pur vivendo in clausura, le sorelle non sono isolate: la loro presenza si percepisce, si sente, si respira.

«La Chiesa è come un grande albero. Ogni ramo rappresenta una forma di vita suscitata dallo Spirito Santo. Il nostro è quello della povertà, dell’unità, della preghiera e della contemplazione», spiega suor Aurora.

Il carisma clariano — eredità di Santa Chiara d’Assisi — è una via di radicalità evangelica fatta di essenzialità, silenzio e ascolto. In un mondo frenetico, può sembrare lontano. Eppure, proprio per questo, è forse la risposta più autentica al nostro tempo. Quando si chiede come trasmettere oggi il messaggio francescano ai giovani, le sorelle non parlano di eventi o strategie, ma di ascolto autentico. «Dio ha un progetto d’amore su ogni giovane. Sta a noi fermarci e chiederci: Signore, cosa vuoi che io faccia?».

È una spiritualità dell’interiorità, che non chiede performance, ma presenza. Una chiamata alla libertà profonda. In un’epoca dove tutto grida, le Clarisse propongono un’alternativa silenziosa ma potente: il coraggio di fermarsi, ascoltare, cercare senso. In un mondo segnato da individualismo e frammentazione, la loro vita comunitaria, stabile, dedicata alla preghiera e al bene degli altri, rappresenta un modello controcorrente, ma profondamente umano.

A 90 anni dalla loro fondazione a Biancavilla, le Clarisse non celebrano se stesse. Celebrano una fedeltà: quella di Dio, che guida e sostiene. E lo fanno come sempre, senza clamore, dietro grate che non sono una barriera, ma una soglia. Una soglia da cui, da novant’anni, si irradia una luce nascosta, ma visibile. A chi sa vedere.

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