Chiesa
Parrocchia Annunziata, campi estivi alle Vigne per divertirsi e riflettere
Come da tradizione, anche quest’anno si sono svolti i campi estivi per i ragazzi della parrocchia Annunziata di Biancavilla, presso l’oratorio estivo “Don Bosco”, fondato da padre Placido Brancato, nella zona vigne di Biancavilla.
Due i turni di campeggi: il primo ha visto la partecipazione dei gruppi di Azione Cattolica Giovani 9-11 anni e 12-14 anni; il secondo turno invece è stato composto dal gruppo di Azione Cattolica Giovani 16-20 anni.
A partecipare sono stati complessivamente in 32, con l’assistenza di 12 animatori, alternando momenti di riflessione, preghiera e tanto, tanto divertimento.
Tre i temi trattati. Per i bambini di 9-11 anni “La magia è dentro di noi”. Con l’interrogativo “Dove si trova Dio nella mia vita?”, partendo dalla storia di Harry Potter, sono andati alla scoperta di Dio accanto a loro stessi e nel prossimo. Per il gruppo dai 12-14 anni, il discernimento nella relazione con l’altro nei momenti di fragilità e nelle scelte di vita. Per i ragazzi dai 16-20 anni, il tema è stato “Scary Movie – Coraggio, sono io, non abbiate paura”, centrato sulla paura dell’altro, del futuro, delle proprie fragilità e la paura di accettare la volontà di Dio.
Tre percorsi che hanno visto la partecipazione di diversi esperti esterni, tra cui Mariagrazia Buscemi e Mirko Trovato (docenti di Religione Cattolica), Bruno Rametta (animatore parrocchiale di Azione Cattolica), la coppia di sposi e cooperatori salesiani, Placido Calderoni e Miryam Mazzaglia, la consacrata laica Carmela Papotto ed il sacerdote biancavillese, don Giosuè Messina.
«È una tradizione della nostra parrocchia –dice Gaetano Caracì, uno degli animatori– che noi animatori e catechisti cerchiamo ogni anno di portare avanti. Ovviamente, a causa dei vari impegni personali, è frutto di sacrificio e difficoltà, ma ne vale la pena perché è un momento importante di crescita e di fraternità sia per i ragazzi che per noi educatori e che loro aspettano con tanto entusiasmo».
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Chiesa
Tre giorni di celebrazioni con la Madonna della Medaglia miracolosa
La statua sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata: tappa del pellegrinaggio nazionale
Dopo la pausa estiva riprende nell’arcidiocesi di Catania il pellegrinaggio nazionale della statua della Madonna della Medaglia Miracolosa, promosso dai Missionari Vincenziani d’Italia. Dal 23 al 26 ottobre la sacra effigie sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata di Biancavilla per la tappa etnea della “Tre giorni con Maria”. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2020 con la benedizione di papa Francesco e che accompagnerà le diocesi italiane fino al bicentenario delle apparizioni a Santa Caterina Labouré, nel 2030.
La statua arriverà al Belvedere giovedì 23 ottobre, alle ore 18. Venerdì 24 ottobre, in mattinata, visita delle scuole cittadine. Pomeriggio, catechesi, preghiera e animazione per i bambini e ragazzi dell’oratorio parrocchiale guidato dai padri missionari e dalle suore.
Sabato 25 ottobre, visita alla caserma dei carabinieri e alla scuola cattolica “Immacolata alla Badia”. A seguire, incontro con l’amministrazione comunale, il Consiglio Comunale e la Polizia locale. Nel pomeriggio, Rosario animato dal Cgs Life con la partecipazione delle realtà giovanili cittadine.
Domenica 26 ottobre, in mattinata benedizione dei bambini, delle donne in gravidanza e delle neo mamme e consegna della medaglia “miracolosa”. A mezzogiorno, la statua della Madonna sarà trasferita a Villa delle Favare per la “Festa del Ciao”. Pomeriggio processione della statua della Madonna per via Vittorio Emanuele fino in basilica.
«È un’occasione di grazia e di ascolto, soprattutto per chi vive momenti di difficoltà», afferma padre Mario Sirica CM, responsabile del pellegrinaggio. Il parroco don Giosuè Messina sottolinea il legame tra la visita mariana e il cammino dell’Anno Santo parrocchiale: «Chiediamo a Maria di guidarci a Cristo e alla sua misericordia».
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Chiesa
Quella volta che Padre Pio urlò alla suora: «Vigliacca! Torna a Biancavilla!»
Il monastero di Santa Chiara compie 90 anni: un episodio lega la sua fondazione al frate di Pietrelcina
Biancavilla e padre Pio: sì, proprio il frate di Pietrelcina. C’è un episodio che lega lui e la nostra città, più precisamente il monastero di Santa Chiara. E lo raccontiamo su Biancavilla Oggi, adesso che l’importante struttura religiosa compie 90 anni dalla sua fondazione.
È dal 1935, infatti, che Biancavilla custodisce un’anima viva, silenziosa e operosa: quella delle Clarisse. Nascoste dietro le grate della clausura, le “Sorelle Povere” di Santa Chiara continuano ad essere un faro spirituale e umano per l’intera comunità. Abbiamo incontrato la madre badessa, suor Aurora, e suor Cristiana, badessa emerita. Le loro parole raccontano non solo una storia di fede, ma una presenza sociale profondamente radicata nel territorio.

Una chiamata e una sfida
Era il 1935 quando quattro Clarisse del Monastero di San Quirico ad Assisi risposero all’appello di Mons. Gaetano Messina, biancavillese e futuro prevosto della Chiesa Madre, che le invitò a fondare una comunità nel piccolo paese etneo. Nessuna di loro conosceva il luogo, ma tutte partirono con coraggio.
I primi tempi furono tutt’altro che semplici. L’accoglienza iniziale, calorosa ma effimera, si spense presto: i pochi beni donati — quattro tavole con un saccone di crine usato come letto, due cuscini, quattro sedie e un vecchio tavolo con un lume a petrolio — furono ritirati il giorno seguente. Le sorelle rimasero con poco o nulla.
In preda allo sconforto, la fondatrice Chiara Fortunata si mise in viaggio verso Assisi, decisa ad abbandonare tutto. Ma un incontro inatteso cambiò il corso degli eventi. Durante una sosta, volle confessarsi con Padre Pio da Pietrelcina. Il frate, appena la intravide, uscì dal confessionale e le gridò: “Vigliacca! Torna a Biancavilla!”
Quelle parole furono una scossa spirituale potente. Da quel momento, un nuovo inizio. «Dio richiede solo la fede: al resto pensa Lui», ricordano oggi le sorelle, citando la frase che, da allora, guida la loro comunità.

Una presenza che attraversa il tempo
Negli anni Quaranta, i venti di guerra portarono con sé povertà e difficoltà. Eppure, la comunità visse una stagione di floridezza, grazie al numero crescente di vocazioni, che in pochi anni arrivarono a quaranta. In quel periodo, molti bussavano alla porta del monastero in cerca di aiuto: e nessuno restava fuori. La Provvidenza — raccontano — non ha mai fatto mancare il necessario, né alle monache, né a chi cercava conforto.
Terminata la guerra, cominciò la ricostruzione. Non solo di muri, ma soprattutto di anime ferite. Le sorelle si fecero vicine alle famiglie, alle madri, ai figli, offrendo sostegno morale e aiuto concreto.
Il lavoro non mancava: le Clarisse si specializzarono nel cucito e nel ricamo — racconta suor Cristiana — confezionando paramenti sacri e indumenti liturgici, che permisero loro di mantenersi.
Nel 1970, padre Gabriele Maria Allegra — oggi Beato — visitò il monastero, e nel 1973 vi tornò per una toccante conferenza sulla Sacra Scrittura. In segno di gratitudine, lasciò il suo cingolo, oggi custodito come una preziosa reliquia.

Oggi: clausura aperta alla comunità
Il Monastero di via San Placido, oggi, è molto più di un luogo di preghiera. È un centro spirituale aperto alla comunità, soprattutto in occasioni significative: ritiri, celebrazioni, esercizi spirituali per giovani, incontri tematici. Pur vivendo in clausura, le sorelle non sono isolate: la loro presenza si percepisce, si sente, si respira.
«La Chiesa è come un grande albero. Ogni ramo rappresenta una forma di vita suscitata dallo Spirito Santo. Il nostro è quello della povertà, dell’unità, della preghiera e della contemplazione», spiega suor Aurora.
Il carisma clariano — eredità di Santa Chiara d’Assisi — è una via di radicalità evangelica fatta di essenzialità, silenzio e ascolto. In un mondo frenetico, può sembrare lontano. Eppure, proprio per questo, è forse la risposta più autentica al nostro tempo. Quando si chiede come trasmettere oggi il messaggio francescano ai giovani, le sorelle non parlano di eventi o strategie, ma di ascolto autentico. «Dio ha un progetto d’amore su ogni giovane. Sta a noi fermarci e chiederci: Signore, cosa vuoi che io faccia?».
È una spiritualità dell’interiorità, che non chiede performance, ma presenza. Una chiamata alla libertà profonda. In un’epoca dove tutto grida, le Clarisse propongono un’alternativa silenziosa ma potente: il coraggio di fermarsi, ascoltare, cercare senso. In un mondo segnato da individualismo e frammentazione, la loro vita comunitaria, stabile, dedicata alla preghiera e al bene degli altri, rappresenta un modello controcorrente, ma profondamente umano.
A 90 anni dalla loro fondazione a Biancavilla, le Clarisse non celebrano se stesse. Celebrano una fedeltà: quella di Dio, che guida e sostiene. E lo fanno come sempre, senza clamore, dietro grate che non sono una barriera, ma una soglia. Una soglia da cui, da novant’anni, si irradia una luce nascosta, ma visibile. A chi sa vedere.

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