Chiesa
La riapertura delle chiese dopo due mesi di “conversione” social dei parroci
Boom di video Facebook dei sacerdoti di Biancavilla, ma finito il lockdown è tutto pronto per riaccogliere i fedeli
di Vittorio Fiorenza
Porte spalancate per la celebrazione delle messe con i fedeli. Il 18 maggio segna la fine del lockdown e anche la riapertura delle chiese per consentire l’ingresso ai parrocchiani. A Biancavilla sono sei le parrocchie interessate (“Maria Santissima dell’Elemosina”, “Annunziata”, “Idria”, “Sacro cuore”, “Cristo Re” e “Santissimo Salvatore”, cui si aggiunge il convento “San Francesco”).
Nei giorni scorsi i locali sono stati sanificati da ditte specializzate e ogni parroco ha comunicato le misure da seguire durante la celebrazione eucaristica: dall’igienizzazione all’ingresso alle mascherine, fino al distanziamento. In ogni chiesa c’è un limite nel numero di fedeli che possono entrare: 26 all’Idria e 130 al “Sacro Cuore”, per esempio. Niente processioni, peregrinatio Mariae o incontri formativi.
La comunità cattolica si riappropria così delle proprie funzioni, dopo la prova del blocco che ogni attività ha subito a causa dell’emergenza coronavirus. Ma in queste otto settimane si è registrata a Biancavilla una vera e propria “conversione” di alcuni parroci ai social network. A parte padre Salvatore Verzì e padre Ambrogio Monforte, a proprio agio su Facebook con post e video ben prima del lockdown, anche altri sacerdoti hanno fatto la loro comparsa per la prima volta sul web per rivolgersi direttamente ai fedeli.
È il caso di padre Giovambattista Zappalà, di padre Pino Salerno e, in qualche occasione, pure di padre Antonino Tomasello. Riflessioni bibliche, recita del rosario, messaggi ai ragazzi del catechismo e degli oratori: i loro video registrati o mandati in diretta affollano Facebook e le pagine delle parrocchie, che nel complesso contano oltre 5000 “seguaci” (la più seguita è senz’altro quella del “Sacro cuore”).
Quasi una settantina di contributi, quelli del prevosto di Biancavilla: anche canti, esecuzioni musicali con l’organo, cura persino della sigla con sfumatura del sottofondo, come da perfetto regista. Una vera e propria scoperta dei “social”, quella sperimentata da padre Pino Salerno in questi due mesi. Una radicale “conversione”, visto che nel recente passato lo stesso prevosto ha dedicato omelie, esprimendo non poche criticità sull’uso (o un certo uso) di Facebook. Ma l’emergenza ha indotto a cambiare visione.
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Chiesa
Tre giorni di celebrazioni con la Madonna della Medaglia miracolosa
La statua sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata: tappa del pellegrinaggio nazionale
Dopo la pausa estiva riprende nell’arcidiocesi di Catania il pellegrinaggio nazionale della statua della Madonna della Medaglia Miracolosa, promosso dai Missionari Vincenziani d’Italia. Dal 23 al 26 ottobre la sacra effigie sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata di Biancavilla per la tappa etnea della “Tre giorni con Maria”. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2020 con la benedizione di papa Francesco e che accompagnerà le diocesi italiane fino al bicentenario delle apparizioni a Santa Caterina Labouré, nel 2030.
La statua arriverà al Belvedere giovedì 23 ottobre, alle ore 18. Venerdì 24 ottobre, in mattinata, visita delle scuole cittadine. Pomeriggio, catechesi, preghiera e animazione per i bambini e ragazzi dell’oratorio parrocchiale guidato dai padri missionari e dalle suore.
Sabato 25 ottobre, visita alla caserma dei carabinieri e alla scuola cattolica “Immacolata alla Badia”. A seguire, incontro con l’amministrazione comunale, il Consiglio Comunale e la Polizia locale. Nel pomeriggio, Rosario animato dal Cgs Life con la partecipazione delle realtà giovanili cittadine.
Domenica 26 ottobre, in mattinata benedizione dei bambini, delle donne in gravidanza e delle neo mamme e consegna della medaglia “miracolosa”. A mezzogiorno, la statua della Madonna sarà trasferita a Villa delle Favare per la “Festa del Ciao”. Pomeriggio processione della statua della Madonna per via Vittorio Emanuele fino in basilica.
«È un’occasione di grazia e di ascolto, soprattutto per chi vive momenti di difficoltà», afferma padre Mario Sirica CM, responsabile del pellegrinaggio. Il parroco don Giosuè Messina sottolinea il legame tra la visita mariana e il cammino dell’Anno Santo parrocchiale: «Chiediamo a Maria di guidarci a Cristo e alla sua misericordia».
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Chiesa
Quella volta che Padre Pio urlò alla suora: «Vigliacca! Torna a Biancavilla!»
Il monastero di Santa Chiara compie 90 anni: un episodio lega la sua fondazione al frate di Pietrelcina
Biancavilla e padre Pio: sì, proprio il frate di Pietrelcina. C’è un episodio che lega lui e la nostra città, più precisamente il monastero di Santa Chiara. E lo raccontiamo su Biancavilla Oggi, adesso che l’importante struttura religiosa compie 90 anni dalla sua fondazione.
È dal 1935, infatti, che Biancavilla custodisce un’anima viva, silenziosa e operosa: quella delle Clarisse. Nascoste dietro le grate della clausura, le “Sorelle Povere” di Santa Chiara continuano ad essere un faro spirituale e umano per l’intera comunità. Abbiamo incontrato la madre badessa, suor Aurora, e suor Cristiana, badessa emerita. Le loro parole raccontano non solo una storia di fede, ma una presenza sociale profondamente radicata nel territorio.

Una chiamata e una sfida
Era il 1935 quando quattro Clarisse del Monastero di San Quirico ad Assisi risposero all’appello di Mons. Gaetano Messina, biancavillese e futuro prevosto della Chiesa Madre, che le invitò a fondare una comunità nel piccolo paese etneo. Nessuna di loro conosceva il luogo, ma tutte partirono con coraggio.
I primi tempi furono tutt’altro che semplici. L’accoglienza iniziale, calorosa ma effimera, si spense presto: i pochi beni donati — quattro tavole con un saccone di crine usato come letto, due cuscini, quattro sedie e un vecchio tavolo con un lume a petrolio — furono ritirati il giorno seguente. Le sorelle rimasero con poco o nulla.
In preda allo sconforto, la fondatrice Chiara Fortunata si mise in viaggio verso Assisi, decisa ad abbandonare tutto. Ma un incontro inatteso cambiò il corso degli eventi. Durante una sosta, volle confessarsi con Padre Pio da Pietrelcina. Il frate, appena la intravide, uscì dal confessionale e le gridò: “Vigliacca! Torna a Biancavilla!”
Quelle parole furono una scossa spirituale potente. Da quel momento, un nuovo inizio. «Dio richiede solo la fede: al resto pensa Lui», ricordano oggi le sorelle, citando la frase che, da allora, guida la loro comunità.

Una presenza che attraversa il tempo
Negli anni Quaranta, i venti di guerra portarono con sé povertà e difficoltà. Eppure, la comunità visse una stagione di floridezza, grazie al numero crescente di vocazioni, che in pochi anni arrivarono a quaranta. In quel periodo, molti bussavano alla porta del monastero in cerca di aiuto: e nessuno restava fuori. La Provvidenza — raccontano — non ha mai fatto mancare il necessario, né alle monache, né a chi cercava conforto.
Terminata la guerra, cominciò la ricostruzione. Non solo di muri, ma soprattutto di anime ferite. Le sorelle si fecero vicine alle famiglie, alle madri, ai figli, offrendo sostegno morale e aiuto concreto.
Il lavoro non mancava: le Clarisse si specializzarono nel cucito e nel ricamo — racconta suor Cristiana — confezionando paramenti sacri e indumenti liturgici, che permisero loro di mantenersi.
Nel 1970, padre Gabriele Maria Allegra — oggi Beato — visitò il monastero, e nel 1973 vi tornò per una toccante conferenza sulla Sacra Scrittura. In segno di gratitudine, lasciò il suo cingolo, oggi custodito come una preziosa reliquia.

Oggi: clausura aperta alla comunità
Il Monastero di via San Placido, oggi, è molto più di un luogo di preghiera. È un centro spirituale aperto alla comunità, soprattutto in occasioni significative: ritiri, celebrazioni, esercizi spirituali per giovani, incontri tematici. Pur vivendo in clausura, le sorelle non sono isolate: la loro presenza si percepisce, si sente, si respira.
«La Chiesa è come un grande albero. Ogni ramo rappresenta una forma di vita suscitata dallo Spirito Santo. Il nostro è quello della povertà, dell’unità, della preghiera e della contemplazione», spiega suor Aurora.
Il carisma clariano — eredità di Santa Chiara d’Assisi — è una via di radicalità evangelica fatta di essenzialità, silenzio e ascolto. In un mondo frenetico, può sembrare lontano. Eppure, proprio per questo, è forse la risposta più autentica al nostro tempo. Quando si chiede come trasmettere oggi il messaggio francescano ai giovani, le sorelle non parlano di eventi o strategie, ma di ascolto autentico. «Dio ha un progetto d’amore su ogni giovane. Sta a noi fermarci e chiederci: Signore, cosa vuoi che io faccia?».
È una spiritualità dell’interiorità, che non chiede performance, ma presenza. Una chiamata alla libertà profonda. In un’epoca dove tutto grida, le Clarisse propongono un’alternativa silenziosa ma potente: il coraggio di fermarsi, ascoltare, cercare senso. In un mondo segnato da individualismo e frammentazione, la loro vita comunitaria, stabile, dedicata alla preghiera e al bene degli altri, rappresenta un modello controcorrente, ma profondamente umano.
A 90 anni dalla loro fondazione a Biancavilla, le Clarisse non celebrano se stesse. Celebrano una fedeltà: quella di Dio, che guida e sostiene. E lo fanno come sempre, senza clamore, dietro grate che non sono una barriera, ma una soglia. Una soglia da cui, da novant’anni, si irradia una luce nascosta, ma visibile. A chi sa vedere.

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