Cronaca
Lav contro sindaco e vigili urbani chiede l’intervento del prefetto




Via della Montagna prima degli episodi di violenza
«La Lav condanna fermamente gesti di violenza come quelli che hanno interessato le due donne e il rappresentante delle Forze dell’Ordine, “colpevoli” di avere agito perché spinti da un principio di dovere, di civiltà e di legalità. L’Associazione, al fine di evitare lo svolgimento di questa fiera illegale, anche in ragione del mancato tempestivo intervento del Sindaco, ha formalmente chiesto al Prefetto di Catania, di convocare il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, anche ai sensi del Decreto del Ministero dell’Interno del marzo 2007, ai fini di verificare il rispetto di quanto previsto dalla legge 189 in materia di maltrattamento di animali, nonché di loro impiego in manifestazioni non autorizzate, oltre che di valutare le eventuali responsabilità di Sindaco e Polizia Municipale per il mancato intervento, nonostante il puntuale preavviso e il continuo ripetersi, di anno in anno, dell’illegale manifestazione».
È quanto annuncia la Lega Antivivisezione dal proprio ufficio stampa nazionale, dopo i fatti di violenza verificatisi nella fiera abusiva di animali, in via della Montagna, a Biancavilla, con il ferimento di un maresciallo dei carabinieri, della responsabile provinciale Lav, Angelica Petrina, e del legale dell’associazione, l’avv. Pilar Castiglia.
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►Blitz della Lav alla fiera degli animali, carabiniere ferito a sangue
La Lav fa sapere che «procederà contro chiunque con azioni e/o omissioni abbia concorso nei vili accadimenti occorsi e condanna fortemente il sindaco e l’amministrazione di Biancavilla tutta per la totale assenza di solidarietà nei confronti delle due donne e per la totale indifferenza rispetto alla gravità degli eventi».
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►Denunce a Glorioso e vigili urbani: «Allertati, ma non hanno agito»
L’associazione, inoltre, «si costituirà parte civile nell’istaurando procedimento penale e avvierà a partire da subito una campagna mediatica su tutte le testate nazionali affinché i gravissimi eventi descritti vengano conosciuti e deprecati da tutto il territorio nazionale».
Il presidente Gianluca Felicetti e il Consiglio Direttivo nazionale Lav, l’Ufficio Legale e tutto lo Staff dell’Associazione manifestano la propria solidarietà ad Angelica Petrina, all’avv. Pilar Castiglia, al maresciallo ferito e all’intera Arma dei Carabinieri e invita chiunque abbia assistito agli incresciosi eventi a mettersi a disposizione delle Autorità per riferire su quanto di loro conoscenza e per consegnare i video e le foto in loro possesso, per aiutare gli investigatori ad identificare
tutti i responsabili. «L’omertà è complicità».


Due momenti degli scontri in via della Montagna
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Cronaca
La droga sull’asse Lombardia-Adrano con un biancavillese mediatore del clan
Dall’inchiesta “Adrano libera” emerge il coinvolgimento di un 71enne per l’acquisto di 1,5 kg di eroina


di VITTORIO FIORENZA
C’è un biancavillese, Antonino Amato, 71 anni, trapiantato in Lombardia, tra i riferimenti del clan Santangelo-Taccuni di Adrano per arrivare all’acquisto di partite di droga. Secondo i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, l’uomo è da ritenere uno dei mediatori per l’approvvigionamento di stupefacenti nel Nord Italia. Il suo profilo e il suo ruolo emergono dalla recente operazione “Adrano libera” (con 38 indagati), condotta dal commissariato di polizia e dalla Squadra mobile contro il clan capeggiato da Gianni Santangelo.
«Sulla base degli elementi acquisiti –scrive il Gip– può concludersi per la sussistenza di gravi indizi di reità a carico di Amato» per i reati riferiti all’associazione mafiosa e alla droga. Per lui, la misura cautelare applicata dal giudice Giovanni Cariolo è quella dell’obbligo di presentazione alla P.G. tre volte a settimana.
Nelle carte dell’inchiesta, come appurato da Biancavilla Oggi, un capitolo corposo è quello della droga. Uno dei canali di acquisto è nelle province di Como e Varese (oltre che nel Messinese, in Calabria e in Campania).
Quando la Dda di Catania comincia ad intercettare le telefonate, alla fine del 2017, Amato è il primo contatto al Nord chiamato da Tony Ugo Scarvaglieri, uomo di spicco dei “Santangelo-Taccuni”, per avviare la trattativa di acquisto. «Il tempo che raccogliamo queste cose e poi…», assicura Scarvaglieri ad Amato, riferendosi alla raccolta del denaro destinato alla droga. E in effetti, l’organizzazione, per disporre di liquidità, assalta il “Credem” di Adrano, scardinando lo sportello bancomat (contenente quasi 25mila euro) con l’ausilio di un mini escavatore (trasportato su un camion rubato a Biancavilla).
La polizia ascolta e segue tutte le fasi. La trasferta al Nord degli uomini del clan. Il loro arrivo. Gli incontri e le trattative in loco. Il viaggio di ritorno verso la Sicilia con un carico di 1,5 kg di eroina.
Oltre ad Amato, entrano in scena, come mediatori in Lombardia, Domenico Salamone, originario di Adrano, e Giovanni Malagò, calabrese residente a Varese, che teneva i contatti diretti con il narcotrafficante albanese Emir Daci, fornitore dello stupefacente (arrestato già nel 2018 con 17,5 kg di eroina e 44mila euro in contante).
È Amato –secondo quanto emerge dall’inchiesta– a ricevere da Malagò un “provino” di eroina, che sarebbe stato testato da Federico Longo (un “intenditore”, ritenuto organico al clan) prima dell’acquisto. Tutti entusiasti della qualità e del buon affare. Sensazioni riferite subito al boss Santangelo, che segue ogni fase da Adrano: «Una bomba… Niente, Gianni, cose mai viste… Madonna mia!». Si passa all’acquisto della droga, si fantasticano consolidamenti di futuri affari.
Secondo i magistrati etnei, «Amato era personalmente coinvolto negli incontri del 22 dicembre che si erano conclusi con l’acquisto di mezzo chilo di eroina al costo di 12mila euro». Era solo una parte. L’intero quantitativo che il gruppo di adraniti carica in auto a Turate (in provincia di Como) viene trasportato, in direzione Sicilia, da David Palmiotti (già indicato da alcuni pentiti come “corriere” del clan Santangelo-Taccuni). Su un’altra auto gli fanno da “scorta” Longo, Scarvaglieri e Antonino Bulla, uomo-chiave del clan per gli affari di droga. È lui che guida la mission in terra lombarda, aggiornando per telefono ed sms il boss su ogni passaggio, incontro, spostamento, sviluppo della trattativa.
Tutto sembrava filare liscio. Fino agli imbarchi dei traghetti per oltrepassare lo Stretto. Qui, la Fiat Bravo di Palmiotti viene bloccata dai poliziotti e lui finisce in manette, dopo il sequestro di due involucri di “roba”. Erano nascosti nello pneumatico della ruota di scorta. L’arresto mette in allarme tutta l’organizzazione. Bulla chiama subito il boss: «Lo butto questo telefono?», chiede. «Che devi fare… ormai… a quest’ora ci hanno sentito…», risponde sconsolato Gianni Santangelo. Era il 23 dicembre del 2017. Per il clan di Adrano, quello sarebbe stato un brutto Natale.
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