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Cronaca

Il commosso addio a Giuseppe: «Lo ricorderemo col suo sorriso»

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Folla in lacrime ai funerali del 40enne morto nella sua campagna di Centuripe, travolto dal suo trattore. In tanti si sono stretti al dolore dell’anziano padre e del fratello. Padre Pino Salerno: «Un umile lavoratore, attaccato ai valori della famiglia, dell’onestà e della terra».

 

di Vittorio Fiorenza

L’anziano padre, Gaetano, sorretto da un parente, che sale i gradini della chiesa madre: ha insistito per essere presente. Il fratello Giosuè, in lacrime, attorniato dalle sue tre bambine che hanno voluto dare l’ultimo saluto allo zio. E poi una folla veramente commossa per l’addio a Giuseppe Pappalardo, il 40enne morto in campagna, a Centuripe, travolto dal suo trattore.

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Giuseppe Pappalardo

La basilica di Biancavilla stracolma per il funerale, celebrato dal prevosto, padre Pino Salerno, assieme a padre Salvatore Nicoletti e padre Giovanni Zappalà, parroci dell’Idria e dell’Annunziata.

Non sono mancati gli amici del gruppo neocatecumenale. E non è mancata la confraternita dell’Annunziata, per la quale Giuseppe ha portato il fercolo della Madonna la domenica di Pasqua.

«Lo strazio che sentiamo è troppo forte davanti ad una vita spezzata così prematuramente», ha detto padre Pino, ricordando Giuseppe come «un bravo ragazzo, intelligente, dalla presenza discreta e generosa. Era innamorato della vita. Ma la bellezza della sua vita è stata interrotta da quel trattore assassino, nel momento in cui cominciava a raccogliere i frutti della sapienza di Dio».

Giuseppe, ha sottolineato ancora padre Pino, è stato «un umile lavoratore, attaccato ai valori della famiglia, dell’onestà e della terra, nel solco della tradizione sicula».

Non era sposato, Giuseppe. Ma, oltre ad essere frequentatore dei gruppi parrocchiali, era pure impegnato nel sociale, essendo un socio dell’Avis di Biancavilla. In tanti lo hanno pianto, in questi giorni: «Lo ricorderemo per il suo dolce sorriso».

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Cronaca

Aggredisce e minaccia la madre: «Ora t’ammazzo», arrestato un 35enne

Intervento dei carabinieri, a seguito di un’accorata richiesta di aiuto di una donna maltrattata

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La telefonata ai carabinieri è arrivata da una casalinga 63enne. Un’accorata richiesta di aiuto. Ancora una volta, la donna era stata picchiata dal figlio, che pretendeva denaro per l’acquisto di alcol, droga o giocare ai video poker. Immediato l’intervento dei militari: arrestato un 35enne per maltrattamenti contro familiari ed estorsione.

Appena arrivati nell’abitazione, i carabinieri hanno trovato la donna attorniata dai familiari, marito e tre figli, tra cui il 35enne. La donna, che sin dà subito è apparsa emotivamente provata, pur non volendo affidarsi alle cure dei sanitari, nonostante mostrasse i segni delle percosse, soprattutto sulle braccia e sul collo, ha comunque deciso di confidarsi con i militari, raccontando quanto appena accaduto.

Dalla ricostruzione dei fatti, è quindi emerso come il figlio avrebbe da lei preteso l’ennesima somma di denaro, questa volta di 30 euro, che sarebbe riuscito ad ottenere solo dopo averla aggredita. In quel frangente, provvidenziale sarebbe stato l’intervento del padre 70enne, che in difesa della moglie, sarebbe intervenuto bloccando l’uomo.

Il 35enne, a quel punto, soddisfatto, dopo essere uscito per alcune ore, sarebbe rincasato solo in serata, completamente ubriaco, dando il via ad un nuovo litigio. Dopo aver fatto cadere una bottiglia di birra sul pavimento, si sarebbe infatti nuovamente scagliato contro la povera madre, dandole la colpa dell’accaduto. La reazione dell’uomo sarebbe stata minacciosa: «Colpa tua se la birra mi è caduta a terra, ora t’ammazzo». E poi si sarebbe scagliato contro una porta, danneggiandola insieme ad altre suppellettili.

Effettivamente, anche alla presenza dei militari, il 35enne non si è calmato, proseguendo anzi con le minacce alla madre: «Appena torno (dal carcere) t’ammazzo».

La donna aveva già presentato una denuncia nei confronti del figlio per analoghi fatti. Motivo per cui, i carabinieri hanno stavolta arrestato il 35enne, trasferendolo nel carcere di piazza Lanza, a Catania.

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