Cronaca
Operazione “Garden”, ultimo atto «Gioco sfuggì ad un agguato»

ESCLUSIVO. Con l’ultimo arresto si chiude il cerchio. Ed emerge un dettaglio agghiacciante: Salvatore Gioco, a gennaio, qualche giorno dopo l’uccisione del fratello Nicola in via Pistoia e di Agatino Bivona in via Fallica, sarebbe stato oggetto di tentato omicidio. Episodio mai denunciato.
di Vittorio Fiorenza
Una latitanza durata appena un mese. Si era rifugiato all’estero, in Belgio, forse anche in Germania. Da qualche giorno era rientrato a Biancavilla. Gli agenti della Squadra mobile della Questura di Catania e del commissariato di polizia di Adrano lo hanno trovato assieme alla moglie in un’abitazione (si sta valutando anche la posizione di chi gliel’ha messa a disposizione).

Salvatore Gioco, l’ultimo degli arrestati dell’operazione “Garden”
È finito in manette così Salvatore Gioco, 24 anni, presunto esponente del clan biancavillese sfuggito lo scorso ottobre all’operazione “Garden”, che aveva coinvolto altre 11 persone. Anche per lui, rinchiuso adesso in una cella del carcere catanese di Bicocca, l’accusa è di associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre a quella per reati connessi alla detenzione di armi e ad episodi di estorsione.
Nelle oltre trecento pagine dell’ordinanza di un mese fa relativa al blitz antimafia, firmata dal Gip di Catania, Loredana Valeria K. Pezzino, il paragrafo dedicato a Salvatore Gioco evidenzia non soltanto che il 24enne «è perfettamente a conoscenza delle dinamiche criminali e dei dissidi in corso in seno alla famiglia mafiosa di appartenenza».
Dalle intercettazioni ambientali emerge pure il dettaglio agghiacciante che il giovane sarebbe stato oggetto di un tentato omicidio, dieci mesi fa, appena qualche giorno dopo l’agguato di via Pistoia, in cui morì il fratello minore Nicola, a sua volta freddato a distanza di 48 ore dal delitto di Agatino Bivona, in via Fallica. Insomma, era in programma una mattanza, in quei giorni di gennaio, se la polizia e i carabinieri non avessero mostrato una presenza massiccia e costante.
Un romanzo criminale
Le carte delle indagini, scaturite dall’assassinio dello scorso anno ad Adrano di Alfredo Maglia, zio dei fratelli Gioco (il quale, uscito dal carcere, aveva stabilito con metodi lesti il proprio dominio, allargando ulteriormente la frattura con l’altra fazione del clan) e proseguite per i successivi due omicidi, raccontano un vero e proprio “romanzo criminale”. Non si parla di spaccio di droga. Persino il “pizzo”, pur presente, è rappresentato da episodi quasi “marginali”. C’è invece in primo, primissimo piano la guerra tra due fazioni dello stesso clan (sancita nel 2010 con l’omicidio del boss Giuseppe Mazzaglia). Un vortice di sospetti ed odio reciproci, attentati incendiari ed intimidazioni (per esempio la testa mozzata di un cane dentro l’auto), esecuzioni e vendette pronte ad essere messe in atto e fortunatamente “bloccate” dagli investigatori.
Già ad aprile era stato organizzato un omicidio di un esponente rivale a Reggio Emilia, poi sfumato. La mattina del 6 ottobre era tutto pronto per un agguato, ma il piano è andato in fumo per il blitz della polizia, con sequestro dell’arsenale di armi, organizzato in tutta fretta proprio per evitare l’ennesimo fatto di sangue.
«Ci sono andati in campagna…»
E poi c’è quell’episodio misterioso. In quel gennaio in cui Biancavilla è ripiombata indietro di trent’anni con due omicidi in 48 ore, ci sarebbe stato un altro tentato omicidio. A cadavere ancora caldo di Nicola Gioco, anche il fratello Salvatore (che faceva il pastore), finito in manette l’altro ieri, a quanto pare ha rischiato di essere eliminato. Il presunto episodio non è stato mai denunciato, ma emerge da una conversazione telefonica autorizzata ed intercettata tra il nonno del 24enne e lo zio Salvatore Maglia, ergastolano rinchiuso a Tempio Pausania, in Sardegna.
Il primo, in lacrime per il dolore e per l’angoscia di vedersi sterminata la famiglia: «Salvatore si è venduto le pecore, si è venduto. Perché ci sono andati in campagna col motorino… anche a lui! Non ci può andare più in campagna. Qui ci hanno distrutto a tutti. Lui ha avuto paura e se n’è scappato. I carabinieri gli hanno detto “state a casa perché vi distruggono a tutti”».
Dall’altro lato del telefono, Salvatore Maglia, non si dà pace: «Ma che distruggono? Chi sono questi quattro cornuti? Non abbiamo niente a che vedere con questi crasti. Pugno di tossici di merda».
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Cronaca
In auto contro lo scooter: non è stato un incidente, ma un atto di “vendetta”
Diciottenne di Biancavilla denunciato per lesioni e atti persecutori ai danni di un coetaneo di Adrano

Ha provocato un incidente stradale con l’intento di “vendicarsi” di un acceso diverbio avvenuto nei mesi scorsi. Un biancavillese di 18 anni è stato così denunciato dalla Polizia di Stato. Il giovane ha architettato il piano perché non si era rassegnato alla lite per futili motivi con una ragazzo 17enne di Adrano.
Il minorenne stava percorrendo in scooter via della Regione, ad Adrano. Proprio nei pressi della sede del Commissariato di Polizia era stato tamponato dall’auto guidata dal 18enne, finendo a terra, con una gamba bloccata sotto il peso dello scooter. Per tutta risposta, il giovane biancavillese, anziché prestare soccorso, è sceso dall’auto e, dopo una rincorsa, ha sferrato un violento calcio contro il ragazzino.
Una pattuglia di poliziotti ha assistito alla scena e ha fermato l’aggressione ancora in corso, bloccando il 18enne e prestando le prime cure al minorenne. Dopo qualche minuto, è arrivato il padre della vittima, accompagnata poi al pronto soccorso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. La prognosi è stata indicata in sette giorni.
I poliziotti del Commissariato hanno compiuto dettagliati accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti e, dopo le attività di indagine, sono risaliti alle reali cause dell’aggressione.
L’origine dei rapporti conflittuali tra i due sembra essere legata ad un alterco avvenuto per futili motivi qualche mese addietro, con il 18enne che, in più occasioni, avrebbe tentato di “vendicarsi dell’affronto patito”. Il giovane è stato denunciato, in stato di libertà, per lesioni pluriaggravate ed atti persecutori.
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Cronaca
Così i dipendenti venivano intimoriti: «Attenti, il filo si può spezzare»
Lo sfruttamento dei lavoratori del supermercato, i retroscena di un’inchiesta avviata nel 2023

«Un quadro inquietante di sfruttamento lavorativo». Dietro i volti gentili e sorridenti di banconisti, cassieri, addetti agli scaffali e magazzinieri si celava una realtà ben diversa. Nell’ordinanza con cui il Gip del Tribunale di Catania, Maria Ivana Cardillo, ha disposto le misure cautelari, vengono messi in evidenza gli elementi che hanno portato all’arresto di Luca Bonomo e Vincenzo Strano, rispettivamente titolare e direttore commerciale del supermercato di via Arti e Mestieri, a Biancavilla. Il marchio è Decò, ma la gestione è autonoma e indipendente dal Gruppo Arena. L’indagine, eseguita dalla Guardia di finanza di Paternò, è culminata anche con il sequestro preventivo dell’azienda e la nomina di un amministratore giudiziario.
Dalle quindici pagine dell’atto emergono – come è in grado di raccontare Biancavilla Oggi – episodi di sfruttamento: ferie e straordinari non pagati, stipendi da fame, in alcuni casi persino inferiori a 2 euro l’ora. Evidenziato anche lo stato di profondo bisogno in cui versavano i dipendenti, costretti ad accettare orari e retribuzioni falsificati. E poi, una forte sudditanza psicologica. Secondo il Gip, non si tratta di «una mera inosservanza di singole disposizioni normative, bensì… di un disegno criminoso».
Quando le verifiche amministrative e i controlli dei militari si sono intensificati, le due figure apicali hanno “avvertito” i dipendenti. Una lavoratrice ha riferito le indicazioni impartite da Strano: «Mi ha incalzata dicendomi che, se tenevo al mio lavoro, già sapevo cosa avrei dovuto rispondere… mi sono sentita sotto pressione». Stesso avvertimento sarebbe stato rivolto a tutto il personale, convocato per una riunione. Indicazioni ribadite poi da Bonomo: «Ci disse che, a seconda delle dichiarazioni rilasciate da noi dipendenti, il filo si sarebbe potuto spezzare».
Il filo, in realtà, si era spezzato già nel momento in cui le Fiamme Gialle avevano messo piede nel supermercato. Tutto era partito non da una denuncia, ma da un semplice controllo amministrativo dei finanzieri paternesi, nel novembre 2023. Già in quell’occasione erano emerse violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Da lì, la necessità di ulteriori approfondimenti su retribuzioni, orari, straordinari e altri aspetti contrattuali. Nella prima fase era stato sentito il commercialista e consulente del lavoro dell’azienda.
L’inchiesta si era quindi concentrata sul legale rappresentante della società per «evidenti indizi di sfruttamento lavorativo desumibili da erogazioni di retribuzioni evidentemente difformi rispetto alle ore lavorate». Il lavoro investigativo era proseguito con l’audizione dei dipendenti. Tra questi, il ruolo chiave era quello del direttore del punto vendita, definito dagli inquirenti la “longa manus” del titolare. Una persona – secondo la Procura – perfettamente consapevole delle condizioni lavorative offerte al personale. Anzi, durante i colloqui con chi aspirava ad un’assunzione, l’uomo metteva subito in chiaro i vincoli a cui bisognava sottostare.
«Lo stato di bisogno – ha sottolineato il procuratore Francesco Curcio – ha inciso sulla libertà di autodeterminazione, inducendo i lavoratori ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illecite, non riconosciute né dalla contrattazione collettiva né dalla normativa giuslavoristica».
Secondo la Guardia di finanza, la mancata regolarizzazione delle retribuzioni ha permesso al punto vendita di ottenere un risparmio illecito di oltre 2,7 milioni di euro, tra stipendi non versati e contributi omessi.
I due indagati – scrive ora il Gip – potrebbero avvicinare i dipendenti, sfruttando la loro vulnerabilità, per indurli a tacere o a fornire versioni alterate dei fatti. C’è, dunque, il rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Da qui, l’applicazione degli arresti domiciliari, con pesanti contestazioni: intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro e autoriciclaggio.
Il supermercato, comunque, rimane aperto. L’attività va avanti. La presenza dell’amministratore giudiziario, il dott. Luciano Modica, nominato dall’autorità giudiziaria, rappresenta la garanzia massima per il pieno rispetto, d’ora in avanti, dei diritti dei lavoratori.
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