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Sos da Gaza raccolto a Biancavilla, gesto di solidarietà per Amjad

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di VITTORIO FIORENZA

Un filo di solidarietà via Facebook tra Gaza e Biancavilla. Un Sos lanciato dal cuore del conflitto mediorientale e recepito nel centro etneo. Un rapporto tra due coetanei fatto di chat, racconti “live” degli attacchi missilistici e piccoli gesti di altruismo.

Sono i giorni in cui Israele stanzia i suoi carri armati al confine con la Striscia di Gaza, pronti per l’intervento via terra, mentre l’offensiva aerea passa in rassegna i suoi “obiettivi”.

Seduto al pc, a Biancavilla, Salvo Panebianco, 33 anni, pubblica link di solidarietà al popolo palestinese e quelle immagini atroci, che circolano solo sul web, di civili letteralmente fatti a pezzi dai bombardamenti e bambini ridotti a brandelli. Da un’abitazione di Gaza, davanti al suo pc, c’è Amjad Matter, 27 anni, sposato, che fa il “painter and graphic designer”. Nell’indecifrabile intreccio di profili e “like” del social network, Amjad entra in contatto con Salvo.

«Mi ha raccontato che adesso non lavora a causa della situazione che c’è a Gaza e che avrebbe bisogno di soldi per le cose di prima necessità». Confortato anche da Rosa Schiano, nota attivista internazionale, che gli spiega che a Gaza tutti hanno bisogno, Salvo propone una colletta tra amici sensibili alla causa e propri familiari. «Purtroppo Amjad non poteva aspettare che organizzassimo banchetti per una raccolta fondi più consistente, quindi abbiamo mandato, con il saluto dalla Sicilia, quel po’ che abbiamo racimolato in un giorno».

Un piccolo gesto di solidarietà, che per il destinatario è tanto: «Grazie molte, userò i soldi per la mia famiglia e un amico per gli alimenti, le medicine e una bomboletta di gas per cucinare».

Tra una conversazione e l’altra, anche schegge di racconto “in diretta” di ciò che accadeva fuori: «Devo staccare, bombardano in questo momento». E poi: «E’ stato terrificante». Salvo si preoccupa: «Adesso sei al sicuro?». «No, non posso spostarmi, ci hanno tirato un missile, possono colpirci in ogni momento». Nella chat diretta a Biancavilla, da Amjad non ci sono parole di odio.

«Mi ha detto che sarebbe bello conoscerci di presenza, gli ho promesso –conclude Salvo Panebianco– un aiuto ulteriore, nella speranza che possa esistere uno Stato della Palestina con il suo popolo che viva e ritrovi la pace».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il “Cenacolo” compie ottant’anni: una straordinaria eredità di padre Calaciura

Dalle macerie della guerra, i germogli di un’opera assistenziale diventata un vanto per Biancavilla

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Era il 29 novembre del 1943. Da qualche mese era caduto il fascismo e a settembre era stato firmato l’Armistizio di Cassibile. L’Italia era davvero tutta da rifare. E c’era chi, in mezzo a quegli sconvolgimenti pensava in grande partendo dagli ultimi.

A Biancavilla, Giosuè Calaciura, giovane prete (ordinato appena quattro anni prima), guardandosi attorno e vedendo tanta miseria e tanto disorientamento, con un gesto di coraggio e di altruismo fondava presso dei locali alla periferia est del paese, sotto il Monte Calvario, l’Opera Cenacolo Cristo Re per accogliere gli orfani e le vedove di guerra che pativano la fame, l’abbandono da parte dei familiari più cari deceduti nel conflitto, la disperazione di non vedere futuro.

Coadiuvato da socie dell’Azione Cattolica, il fondatore delinea gli scopi che avrebbero guidato l’opera. Primo fra tutti quello di formare un gruppo di giovani che si «impegnavano ad essere primi in tutto: nella pietà, nell’apostolato e nella bontà di vita».

Il Cenacolo doveva essere centro propulsore per avviare scuole, colonie, ambulatori, uffici per l’assistenza sociale, oratori, doposcuola, laboratori. E assieme a queste attività, chi ne entrava a far parte non avrebbe dovuto scordare mai i principi evangelici, l’amore a Dio e alla Chiesa che doveva rendersi visibile nella vita attiva in parrocchia, nella preghiera, nella buona condotta in famiglia e nella società.

Da “Croce al vallone” al “Sentiero speranza”

Negli anni, quel seme che tante volte – a dire dello stesso don Giosuè – fu minacciato da altre volontà, dai tempi che cambiavano e da svariati fattori avversi, ha saputo mettere radici profonde. Una risorsa per la nostra comunità, soprattutto perché ha sempre saputo guardare i segni dei tempi, aggiornando la sua mission e aprendosi ai bisogni sociali e sanitari contingenti e di volta in volta attuali.

Superata l’emergenza postbellica e mutate le istanze sociali, l’opera si rivolse all’assistenza dei vecchi e degli inabili, contando nel 1961 già circa 30 ricoverati.  Alla fine degli anni ’70, la costruzione di un grande padiglione in contrada Croce al Vallone: l’aumento di posti letto e di servizi, poi l’iscrizione nell’albo regionale come struttura residenziale per anziani non autosufficienti.

La maggior attenzione dedicata ai malati mentali fu la logica conseguenza della Legge 180/78 che determinò la necessità di una specifica assistenza dei dimessi dagli ospedali psichiatrici, e portò alla ristrutturazione della casa madre per poter accogliere soggetti con patologie psichiatriche. Oggi, la struttura di via san Placido, accoglie ben 40 ospiti come Comunità Terapeutica Assistita occupandosi delle loro cure mediche e della riabilitazione psicosociale.

Negli anni ’80, quando il flagello della droga e altri fatti drammatici portavano Biancavilla nelle prime pagine di cronaca nera, apriva la Comunità per tossicodipendenti “Sentiero Speranza” per offrire un servizio riabilitativo residenziale a quei giovani caduti nella spirale della tossicodipendenza.

Una struttura con 117 posti letto

E poi ci sono i tempi moderni con l’inaugurazione della Casa di Cura che si occupa di riabilitazione ortopedica, neurologica, cardiologica, oncologica e pneumologica. È dello scorso aprile l’apertura di un poliambulatorio con servizi radiologici e ambulatori di cardiologia, neurologia, allergologia e immunologia, medicina fisica e riabilitativa, pneumologia, reumatologia e chirurgia.

«Oggi – dice il direttore Giosuè Greco – l’Opera è diventata una realtà molto grande che conta ben 150 tra professionisti e dipendenti, 117 posti letto e molteplici servizi diagnostici, e cerca di offrire il massimo della professionalità e dei servizi, occupandosi anche di formazione e informazione nel territorio sui temi che quotidianamente la vedono impegnata in prima linea».

Spegnendo le 80 candeline, è impossibile non ricordare la figura del fondatore, padre Calaciura, e di quei pionieri – Nerina Piccione, Agatina Russo, Giuseppina Finocchiaro e tanti altri – che in tempi bui e tristi riuscirono a vedere lontano e seppero creare futuro per la loro gente. A queste persone, va oggi la nostra ammirazione e il nostro ringraziamento.

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