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Al cimitero di Biancavilla la provocazione dei Testimoni di Geova

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Non è piaciuta a molti di noi cattolici la presenza dei Testimoni di Geova, all’ingresso del cimitero di Biancavilla. Davanti ai cancelli, a gruppetti, erano intenti a distribuire volantini. Altri li distribuivano all’imbocco della strada che va verso la porta principale del cimitero.

Cosa ci fanno questi signori davanti al cimitero? Perché utilizzano un luogo tanto caro ai cattolici per fare propaganda e proselitismo religioso? Sia chiaro: anche tutto il diritto di manifestare il loro credo religioso e nessuno lo deve impedire nei confronti di qualsiasi confessione.

A molti, però, la loro attività di questi giorni è sembrata una vera e propria provocazione, in quanto oggi per i cattolici è la “Commemorazione dei defunti”, pratica che non è condivisa dai Testimoni di Geova.

Tanto per elencare un’altra non secondaria distinzione, i Testimoni ritengono che «alla morte l’anima umana cessa di esistere», mentre i cattolici ritengono che «l’anima umana non cessa mai di vivere, anche dopo la morte». Dunque, mentre per i primi il cimitero è un luogo di sepoltura solo di resti umani, per noi è il luogo dove congiungersi con l’anima dei defunti e relazionarsi intimamente con loro.

Ecco perché ha dato molto fastidio vedere svolgere questa attività davanti al cimitero di Biancavilla nella giornata dedicata al culto dei defunti. Credo sia necessario maturare un reciproco rispetto, soprattutto in questi tempi, dove odio e divisioni religiose lacerano il vivere civile. Andare a battibeccare su differenze di vedute religiose, in quel luogo e in questo giorno, denota scarso senso civico nei confronti di molti cittadini che, anche laicamente, si recano al cimitero in segno di rispetto dei loro cari che non sono più tra noi.

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

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