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La tragedia di Marcinelle “rivive” sul palcoscenico del teatro “La Fenice”

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Foto di Antonio Parrinello

Domenica alle 18, presso il Teatro Comunale “La Fenice” di Biancavilla, verrà rappresentato lo spettacolo teatrale “262 vestiti appesi”, prodotto dall’associazione “Angelo Musco”, per la regia di Alessandro Idonea, con Mario Incudine nelle vesti dell’attore protagonista.

Lo spettacolo è stato realizzato in occasione del sessantesimo anniversario della tragedia di Marcinelle (Belgio) dove 262 minatori,136 dei quali italiani, emigrati in cerca di fortuna, furono inghiottiti dalla cava di carbone del Bois Du Cazier in un incendio. Ne racconta la storia attraverso una riduzione teatrale che ha riscontrato il favore del pubblico e della critica, nel corso della tournée italiana cominciata la scorsa primavera, toccando le principali città italiane.

L’8 agosto del 1956 rimasero 262 vestiti appesi sulle grucce nel capannone esterno della miniera di Marcinelle, in Belgio. Erano di 262 minatori, 136 dei quali emigrati italiani, molti dei quali siciliani partiti in cerca di fortuna, inghiottiti con le loro tute annerite dall’incendio che divampò all’interno della cava di carbone del Bois du Cazier: nessuno di loro risalì in superficie a riprendere i propri abiti.

La storia, portata sulla scena a 58 anni dalla tragedia, prende vita attraverso il dialogo tra Turi (Idonea), il suo amico cantastorie Antonio (Incudine), costretto ad emigrare in Belgio per sconfiggere la fame e “la donna”(Boscarino), voce delle mogli degli emigrati che rimanevano ad aspettare i soldi necessari per affrontare il “viaggio della speranza”.

A fare da colonna sonora, il brano “Escusè muà pur mon franzè”, la lettera di un sopravvissuto a Marcinelle rimasto muto dopo l’incendio, pubblicata nell’ultimo cd di Mario Incudine. Il racconto viene affrontato dal punto di vista di chi non partì, dell’esigenza di un uomo, tormentato dalle voci dei ricordi, di esporre i fatti avvenuti nel dopoguerra dopo l’accordo uomo-carbone tra Italia e Belgio, fino alla catastrofe avvenuta nella miniera di Marcinelle nel 1956. Le voci riecheggeranno per tutto il racconto chiedendogli insistentemente di leggere i manifesti che invitano gli italiani ad andare in Belgio, per lavorare come minatori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cultura

Le linee del sacro: Giuseppe Gugliuzzo ci fa “scoprire” la chiesa dell’Annunziata

Senso e significato degli adeguamenti liturgici: nuovo volume pubblicato da “Nero su Bianco Edizioni”

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Oltre quattro secoli di storia che hanno inciso nel tessuto sociale e nello sviluppo di un intero quartiere. La chiesa dell’Annunziata di Biancavilla non è soltanto un luogo di culto. È uno scrigno in cui viene custodita una delle parti più preziose del patrimonio artistico ed architettonico della città etnea.

Una nuova pubblicazione, edita da Nero su Bianco, punta ora l’attenzione sugli interventi che nella chiesa sono stati effettuati, finalizzati all’adeguamento liturgico alle norme del Concilio Vaticano II. Si intitola “Le linee del sacro nella chiesa dell’Annunziata di Biancavilla”, il libro scritto da Giuseppe Gugliuzzo.

Ogni figura e forma, ogni segno e colore hanno una loro collocazione specifica e un profondissimo significato teologico. L’autore documenta le scelte, spiegandone il senso, operate fin dai primi anni Duemila per l’adeguamento liturgico e volute dall’allora parroco, don Giovambattista Zappalà. Lo studio, attraverso una lettura specialistica, si concentra, in maniera particolare, sulla serie di interventi nell’area presbiteriale e nel tabernacolo.

Un ulteriore tassello volto a ricostruire e a fare conoscere la storia della chiesa dell’Annunziata. Il volume è arricchito dalla prefazione di padre Giovambattista Zappalà e di Antonio Mursia.

Legatissimo alla parrocchia dell’Annunziata, Gugliuzzo, per Nero su Bianco Edizioni, ha già pubblicato, assieme a Giuseppe Ciadamidaro, “Santu, riccu e furtunatu. Padre Placido Brancato, album di una vita dedicata ai giovani”. Un volume fotografico con testimonianze sul sacerdote rimasto alla guida dell’Annunziata per quasi mezzo secolo, lasciando un segno in diverse generazioni che si sono susseguite nella frequenza della parrocchia e dell’oratorio “Don Bosco”.

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