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Cronaca

Le demolizioni e il “rischio amianto”: in 300 chiedono precisi accorgimenti

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di VITTORIO FIORENZA

Dopo la giornata di passione vissuta per l’abbattimento della casa di via Cellini, alla periferia sud del paese, con disordini, blocchi stradali, contatti di forza con i carabinieri e scene di disperazione dei proprietari, il “popolo degli abusivi” sembra rassegnato.

Ma in questi giorni è stata sollevata, da più parti, un’osservazione che ha già portato ad una petizione di 300 firme. Le operazioni di demolizione dell’altro giorno sono avvenute senza le prescrizioni che da oltre 17 anni si sforzano di far comprendere medici, scienziati e studiosi dell’inquinamento ambientale di fluoroedenite, fibre simile all’amianto, contenute in gran parte delle case del paese costruite con materiale delle ex cave di monte Calvario.

Vige ancora un decalogo che ai tempi dell’amministrazione Manna era stato redatto dai massimi esperti del problema, compresi rappresentanti dell’Istituto Superiore di Sanità, e rivolto alle oltre 8000 famiglie biancavillesi. Tra le regole da seguire vi è quella di bagnare tassativamente con acqua le superfici interessate a lavori edili, in modo da non sollevare polveri che possano contenere micidiali particelle cancerogene di fluoroedenite, causa di 49 decessi accertati per mesotelioma pleurico.

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I familiari di una vittima dell’amianto puntano il dito contro le mancate precauzioni contro il sollevamento delle polveri

Eppure il giorno della demolizione, pur presente un’autobotte del Comune, questo semplice accorgimento non è stato preso. Soltanto il mattino seguente, quando le macerie erano accumulate al suolo, è stato lanciato un getto d’acqua. Troppo tardi.

Fabio Ingrassia era tra i manifestanti e suo fratello è morto di mesotelioma all’età di 33 anni. Ai microfoni dell’emittente Tva di Adrano è stato chiaro: «L’autobotte non è stata nemmeno utilizzata e il nuvolone di polvere che si è sollevato lo ha respirato sia chi guidava la ruspa sia la folla che c’era in quel momento. Mio fratello è morto per le polveri di amianto e qui nessuno ha capito la loro pericolosità. Invece di bonificare le abitazioni, si pensa di demolirle».

Preoccupazioni in linea con tutti i dossier e le relazioni scientifiche sul caso di inquinamento ambientale di tipo naturale, di cui Biancavilla ha un triste primato.

Il paradosso è che gli esperti hanno sempre detto che anche fare un foro ad un muro per appendere un quadro è da considerare un gesto a rischio. Un rischio potenziale che con una demolizione di un intero edificio si moltiplica a dismisura.

«Per questo –sottolinea il comitato degli abusivi– abbiamo promosso questa petizioni, se il secondo edificio si deve abbattere, almeno si rispettino le regole e le precauzioni a tutela della salute pubblica, visto che l’edificio demolito e quello da demolire (il garage di via Canada) sono stati costruiti con materiale proveniente da monte Calvario».

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Cronaca

Arrestato un biancavillese in Sardegna: sul suo camion 70 kg di marijuana

Circa 100 buste sottovuoto: se immessa sul mecato, la sostanza avrebbe fruttato oltre 100mila euro

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Un insospettabile. Forse proprio per questo è stato individuato per effettuare un servizio di corriere della droga, con il proprio autoarticolato. Ma non è sfuggito ai “radar” della Guardia di finanza, insospettivi dal suo atteggiamento nervoso.

Un 38enne di Biancavilla è stato fermato al porto “Isola Bianca” di Olbia, in Sardegna. Era in procinto di imbarcarsi sulla motonave diretta a Civitavecchia e Livorno.

Sul suo camion, carico di mobilio usato, le Fiamme gialle, con l’ausilio dei cani antidroga, hanno scoperto un grosso quantitativo di sostanza stupefacente: quasi 70 kg di marijuana. Erano contenuti in oltre 100 buste sottovuoto termosaldate, nascoste in alcuni divani da bar. Se immessa sul mercato, la droga avrebbe fruttato oltre 100mila euro.

I militari hanno, quindi, sequestrato la droga ed arrestato l’autotrasportatore per traffico di stupefacenti, per poi condurlo nel carcere di Nuchis.

A Biancavilla, l’uomo si era fatto “conoscere” per una vicenda privata che ha portato i carabinieri a denunciarlo per incendio doloso. Ma mai era stato “catalogato” a fatti o dinamiche di criminalità organizzata. L’episodio avvenuto in Sardegna ora è al vaglio degli inquirenti per ulteriori approfondimenti, nel tentativo di risalire ai committenti e alla destinazione del quantitativo di droga.

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